Felicità al lavoro. Chiedimi cos’è la cherofobia.
Cherofobia deriva dal greco “chairo” che significa “mi rallegro” e “fobia”, ovvero paura. Uno studio recente divulgato dal “Journal of Cross Cultural Psychology” indica così la persona che soffre di cherofobia. Colui o colei che teme di vivere situazioni, nella sfera privata, in ambito lavorativo e sociale che provocano felicità. Per quale ragione? La paura di essere felici.
La paura è che, per compensazione, si attui qualcosa di negativo, un brutto momento. La persona pone, per difendersi, una barriera alla felicità, alla ricerca, legittima, di svago, divertimento, di un’emozione positiva.
Tutto ciò sembra si rafforzi in un contesto lavorativo. Donne e uomini mettono al bando ogni sorta di gratificazione e di benessere sul posto di lavoro. Chi soffre di cherofobia tende a svalutarsi, a “non sentirsi all’altezza”, a “non essere nella condizione di esprimere un parere”.
Si accontenta della barriera alla felicità e toglie valore al lavoro che compie ogni giorno. Per intenderci, un continuo autosabotarsi.
La felicità al lavoro è un percorso a tappe. È bene partire con il piede giusto. Dare valore al lavoro. Stimarsi e riconoscere i propri limiti. Mettersi in gioco, aprirsi agli altri. Costruire relazioni. Avere delle (sane) ambizioni (fare carriera). Studiare, ampliare il proprio livello di formazione.
Alla felicità, sul posto di lavoro, deve concorrere anche l’impresa. Da alcuni anni, in Italia, è attiva una rete di imprese, Valore D, che promuove, all’interno di ogni singola impresa, un clima di collaborazione e relazioni positive tra le persone, per l’equilibrio di genere.
Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D, afferma: «Si è felici in azienda quando si capisce che il nostro contributo ha un senso, e quando ci si sente considerati persone, e non “risorse umane”. Alcune aziende italiane stanno iniziando ad avere una strategia per la felicità. Sono quelle vincenti».
Sarebbe importante, da parte della classe imprenditoriale, una revisione di certi modi di relazionarsi con le proprie collaboratrici e i propri collaboratori. Pensiamo, ad esempio, ai responsabili del personale e ai team leaders che pensano e si esprimono così: “Se ridi troppo ti distrai e quindi non produci”, “Hai aspirazioni? Lascia perdere, pensa a lavorare”, “Entro io, zitti tutti”.
In conclusione e rimanendo in tema di felicità (non solamente sul posto di lavoro) pensiamo che possa giovare a tutti noi la lettura di un romanzo, Il ministero della suprema felicità, della scrittrice indiana Arundhati Roy.
Cherofobia vattene via! E ricordarsi sempre della ricetta per la felicità! Chi l’ha detto che non esiste?
Fonti:
https://www.iodonna.it/attualita/2018/10/15/lavoro-come-essere-felici/
Per saperne di più:
Valore D, https://valored.it/
Arundhati Roy, Il ministero della suprema felicità, Guanda, 2017, https://www.ibs.it/ministero-della-suprema-felicita-libro-arundhati-roy/e/9788823518148