Il saggista e storico Sergio Romano, già ambasciatore italiano alla Nato e in Unione Sovietica, in una recente intervista ha dichiarato che fu un errore ammettere i Paesi dell’est nell’Unione europea. Per Sergio Romano alcuni dei Paesi dell’est non vogliono l’integrazione europea ma puntano alla sovranità nazionale. Nel mese di Giugno – e quindi dopo le elezioni europee del prossimo 26 Maggio – si terrà a Bruxelles un vertice attinente all’Unione bancaria europea. E la riduzione dei crediti deteriorati/Npl è una delle condizioni necessarie per ragionare sull’Unione bancaria europea. Proponiamo di seguito una nostra sintesi dell’articolo, Europa dell’Est, i crediti deteriorati fanno meno paura, a firma di Mara Monti e pubblicato lo scorso 20 Aprile 2019 su “Il Sole 24 Ore” – “Finanza & Mercati”.
I crediti deteriorati delle nazioni dell’est europeo hanno subito una forte diminuzione dai livelli registrati prima della crisi finanziaria. Per i 17 Paesi dell’Europa dell’Est – tra i quali gli undici aderenti alla Unione europea: Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria – il totale dei crediti deteriorati, per quanto concerne alla prima metà del 2018, si è fissato a 38,3 miliardi di euro con un rapporto sui crediti deteriorati in media al 4% al di sotto del 9,5%, lo standard raggiunto nel 2014.
Sono valori lontani da quelli di alcune nazioni del Sud Europa come l’Italia che nel mese di Dicembre 2018 contava 134,7 miliardi di crediti deteriorati e la Spagna 88 miliardi di euro. Nei giorni scorsi si è celebrato il decimo anniversario dell’Iniziativa di Vienna – progetto che promuovono la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), la Banca europea degli investimenti (Bei), il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca mondiale (BM) e altre istituzioni finanziarie internazionali –. L’obiettivo dell’Iniziativa di Vienna è quello di sostenere la stabilità finanziaria nell’Europa dell’est, incluso l’apporto alla risoluzione e alla vendita dei crediti deteriorati. Alcuni fattori chiave come la struttura proprietaria delle banche dell’area con una forte connotazione estera e il numero limitato di operatori bancari erano tra i fattori a rischio dell’area.
Attualmente la situazione è sotto controllo e la quota delle agenzie bancarie nella periferia orientale che indica un aumento dei crediti deteriorati è scesa al di sotto del 10% a fronte del 60% del 2013, anno nel quale nazioni come la Bulgaria, la Slovenia e la Romania avevano crediti deteriorati superiori al 20% del totale. Gli unici mercati in cui i rapporti Npl sono rimasti a due cifre sono Albania (13,4%) e Croazia (11,3%). Queste forti riduzioni di Npl, accumulati prevalentemente nei settori del real estate e del corporate, sono state realizzate grazie a modifiche legislative e alla riforma della legge bancaria e soprattutto alle cessioni. La Romania, ad esempio, in tre anni ha dismesso crediti deteriorati per 4,96 miliardi pari al 40,9% del totale delle transazioni dell’area. Nella periferia orientale c’è un rallentamento del calo dello smaltimento dei crediti deteriorati. Tale situazione è dovuta alla domanda, in quanto gli operatori internazionali sono concentrati sui Paesi del Sud Europa (Grecia, Italia e Spagna). Basti pensare che il valore degli stock di crediti deteriorati a Cipro e in Grecia sono pari a 121, 4 miliardi ben al di sopra della totalità di Npls nella periferia orientale pari a 38, 3 miliardi di euro. Al fine di rilanciare l’interesse dei mercati nell’Europa centro-orientale, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha esteso il piano anche ad altre nazioni fuori della Cesse (Central East and Southeast Europe) come Cipro, Grecia e Ucraina. La Banca europea degli investimenti nel 2017 ha approvato un piano da 300 milioni di euro di finanziamenti per coinvestire in progetti per lo smaltimento dei crediti deteriorati. I primi due investimenti co -partecipati dalla Bers si sono concentrati sulla Grecia.
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