Oggi riscopriamo la Festa della Liberazione rileggendola sotto una luce nuova, ora che abbiamo provato la mancanza di libertà per qualche settimana. Quella che è sempre stata la celebrazione della Liberazione dal fascismo e dal nazismo, oggi acquisisce nuovi significati. E aumenta, se possibile, il suo valore perché si incide sulla carne viva del presente.
Sulla nostra carne e non solo sul ricordo di una guerra lontana, così faticoso da mantenere vivo nelle nuove generazioni. In un mondo dove la popolazione mondiale è praticamente agli “arresti domiciliari” da quasi due mesi, a causa del Covid-19, abbiamo sperimentato tutti, sulla nostra pelle, il valore della libertà, il desiderio imprescindibile e irrefrenabile di libertà.
Certo, non è una guerra, non ci sono bombe, non ci mancano la corrente elettrica o l’acqua calda, niente pane tesserato e niente partigiani sulle montagne, ma ci sono i morti, le vittime, che spesso le famiglie non hanno potuto neanche andare a trovare in ospedale o accompagnare al camposanto. Qualcuno è riuscito a raccogliere dei propri cari una ultima parola, una lacrima, una commozione, poco prima di morire, attraverso tablet o smartphone.
Di qualcuno solo dopo settimane sono state restituite le ceneri alle famiglie. C’è stata una sospensione della vita sociale, dei contatti umani. La vita è scorsa, e anche oggi scorre, attraverso gli schermi dei telefoni e dei Pc. Come dentro un acquario. Siamo tutti pesci rossi dentro una boccia di vetro. Sì, certo, sono garantite tutte le attività essenziali, si può uscire per tutto ciò che è indispensabile, ma ci manca il contatto e soprattutto ci manca la libertà di fare quello che vogliamo.
Riscopriamo quindi con forza la celebrazione del 25 aprile, non unicamente come liberazione dal nemico politico, ma come diritto universale: la libertà che sembrava scontata e che ora ci manca come l’aria che manca nei polmoni degli affetti da Covid-19.
Mai come oggi quello che vogliamo è la libertà. E con essa celebriamo oggi anche la resistenza, non solo quella dei partigiani, un po’ lontana e idealista, ma la nostra, personale, quella di oggi. Celebriamo la nostra capacità di resistenza alla quale siamo stati chiamati per sconfiggere un nemico infinitamente piccolo e infinitamente potente, subdolo, vigliacco. Siamo stati tutti messi alla prova, in varia misura. Dobbiamo resistere per tornare ad essere liberi. Come nel 25 aprile di 75 anni fa.
Buona Festa della Liberazione!
Leonilde Gambetti